Giuseppe Dossetti :personalismo e democrazia
Il nostro cammino necessità sempre di ulteriori mete,di punti di riferimento forti che sappiano indicarci non solo le mete ma il cammino per la realizzazione di tali mete ed in questo senso il compianto cardinale Martini definì durante l’omelia funebre don Giuseppe Dossetti nona caso “profeta del nostro tempo”. Fu un profeta nel senso vero del termine perché egli seppe unire all’apostolato religioso compiuto poi con l’atto di consacrazione sacerdotale e monacale,un vivo apostoalto culturale attraverso la docenza universitaria ma anche un intenso ed ancor oggi vivo apostolato politico da Padre costituente e da esponente del cammino non facile che vide la rinascita della presenza dei cattolici democratici dopo la fine della catastrofe della seconda guerra mondiale. Non a caso si parla spesso ancora oggi di “dossettismo” a distanza di tanti anni dalla conclusione della sua breve ma intensa presenza politica el mondo delle istituzioni. Ecco proprio in questi tre emisferi citati,culturale accademico,politico istituzionale,ecclesiale religioso,si è riflesso il volto della Chiesa che don Giuseppe ha voluto sempre e comunque servire con umiltà e dedizione. Scrutando i segni dei tempi per vedere costantemente l’attualità del Vangelo.A volte in modo diciamo intransigente radicalmente devoto al raggiungimento della vivificazione degli ideali cristiani nel mondo al quale il Signore in quel momento lo aveva chiamato,ma sempre con sincerità,passione e soprattutto amore,di Dio dell’uomo e della vita.
Giuseppe Dossetti nasce a Genova il 13 febbraio 1913,ma in quella città che pure amerà molto resterà assai poco,perché i suoi genitori,Ines Ligabue e Luigi si trasferirono quasi subito dopo la sua nascita a Cavriago,nell’entroterra emiliano.Riceve il sacramento del battesimo il giorno dell’Annunciazione della Vergine e tale coincidenza sarà foriera di un cammino già segnato dalla Divina Provvidenza,tanto da volere che fosse scritto anche sulla sua tomba al momento del ritorno alla Casa del Padre Soprattutto la mamma Ines esercitò un forte influsso sulla sua formazione e sulla determinazione dei suoi valorie gli fece gustare la gioia,come egli stesso dirà tanti anni dopo,di un liberante senso di austerità e di rispettoso impegno della vita.Il padre luigi ex colonnello di fanteria,a Cavriago gestisce una farmacia che venderà nel 1929 allorchè Giuseppe e suo fratello minore Ermanno si trasferirono a Reggio Emilia per completare gli studi,prossimi all’uniiversità.Il mondo accademico alla fine degli anni ‘20sarà il primo segno del suo apostolato,anche perché,fatto non sempre noto,nel giugno 1931 recandosi con la mamma in pellegrinaggio a Torino per l’ostensione della Sindone Giuseppe ne resta profondamente colpito e lo dirà in seguito la mamma stessa:”…ho visto come guardava la Sacra Sindone e in quel momento ho capito che lo avevo perduto!” Ecco il volto di Cristo irrompe nella storia di questo giovane ed irrompe in un anno emblematico il 1931,sul soglio di Pietro c ‘è un grande Pontefice,Pio XI,il Papa della Conciliazione,ma che appena due anni dopo lo storico evento che aveva riportato Dio all’Italia e l’Italia a Dio,si era reso conto che i rapporti col Fascismo erano diventati difficili per la tenacia di Mussolini nel voler avere il monopolio dell’educazione dei giovani,offendendo un articolo stesso del
Concordato e Sua Santità emanò un enciclica celeberrima,”Non abbiamo bisogno!” rivendicando la libertà della Chiesa edudativa e sociale .Ecco il volto di Cristo a Giuseppe appare proprio in quell’anno. E si orienta verso gli studi di diritto canonico fino a conseguire la laurea in quella disciplina presso l’università cattolica del sacro cuore di Milano discutendo una tesi anch’essa dal titolo emblematico e forse attuale “La violenza nel matrimonio” Sono anni importanti perché in quella che sarà la vera fucina del rinnovamento culturale e politico dei cattolici democratici si incontrano per felice congiunzione degli eventi giovani cuori e profonde menti che rispondono al nome di Amintore Fanfani,Giuseppe Lazzati e Giorgio La Pira che di Dossetti fu senza dubbio il più stretto confidente,entrambi fortemente animati da consacrazione religiosa,oltre a quella della Regalità,Giorgio nell’Ordine Domenicano e anni dopo Giuseppe nell’ordinazione presbiteriale.Essi comprendono certo sotto la guida di padre Agostino Gemelli,ma soprattutto dietro il sostegno di mons.Giovanni Battista Montini,che il fascismo stia per finire,sia inevitabilmente condannato a finire ma non solo perche la guerra volgeva al peggio,ma perché esso aveva avvilito,compresso subordinato l’anima dell’uomo ad un assoluto “sine nomine” chiamato stato che ne aveva caplestato la dignità. Questi giovani avevano di fronte il volto di Cristo nella tragedia della guerra,nella solitudine delle privazioni ma soprattutto nell’impellente necessità di agire,nasce cosi il gruppo di Comunità Sociale che già nel 1941 era solito riunirsi nei locali della Cattolica il venerdi,giorno di minori impegni accademici,per riflettere e progettare,ma non un partito che l’anno dopo De Gasperi avrebbe fondato,la D.C.b,ensì un impegno morale per creare i presupposti di una nuova politica.
Nella primavera del 1943 insieme ad altri giovani studiosi redige un programma per una rinnovata presenza politica,pur non condividendo del tutto di aderire ad un partito come la D.C. non solo per il retaggio risalente alla non felice esperienza di don Romolo Murri,ma perché il calcare sul espressioni religiose poteva dividere per motivi confessionali in un momento in cui più di ogni altra cosa occorreva puntare all’unità per ricostruire un tessuto civile democratico.. Tuttavia il sentimento religioso resta preponderante nella sua vita privata e redige un testo dal titolo “Le associazioni di laici consacrati a Dio nel mondo:memoria storica e giuridico canonica” per l’Istituto del missionari della regalità di Cristo della quale faceva pare dal 1936.Il giro di orizzonti si allarga la docenza universitaria si avvicina:nel 1942 cosegue la libera docenza in diritto canonico e scambia riflessioni e opinioni con un gruppo di amici del mondo accademico e culturale come Sofia Vanni Rovighi,Umberto Padovani,Carlo Colombo,oltre a Fanfani e Lazzati,ma il suo apostolato diventa fervore adeerendo alle formazioni partigiane emiliane fino alla presidenza della sexione di Reggio Emilia del CLN,col nome di battaglia di “Benigno”,pur non usando mai le armi. Questo suo diciamo pacifismo si rifletterà nell’insistenza durante i lavori della Costituente per rendere legge ma soprattutto educazione democratica il ripudio della guerra,che sfocierà nell’art,11 della nostra Costituzione Repubblicana.Centrale in questo fu la lezione del personalismo francese che Dossetti conobbe certamente tramite le riflessioni di mons. Montini,perché faceva parte di una minoranza di cattolici non filofascisti che avevano perduto il contatto col popolarismo sturziano ,ma che avevano cominciato a conoscere le opere del filosofo Emmanuel Mounier (1905/1950).Si trattava di una rinnovata conoscenza filosofica del pensiero di S. Tommaso d’Aquino,ma in modo diverso da quanto era stato tramandato dalla tradizione moderata del neotomismo che la stessa Chiesa aveva propugnato e seguito dopo i fatti del 1848,in opposizione all’illuminismo laico,ma anche contro ogni forma di dialogo tra cristiani e democrazia che viceversa era già presente ad esempio nei fondamenti della Costituzione degli Stati Uniti. Il file rouge che unisce l’esperienza che Dossetti compie coi cosiddetti professorini dell’Università Cattolica,manifesta già sul crinale della fine del regime fascista,il riconoscimento dei diritti politici e di libertà dei cittadini,con la distinzione dei tre poteri stabilita da Montesquieu. In tal senso Dossetti è convinto di una necessaria distinzione rispetto ai valori del liberalismo classico emersi dopo la rivoluzione francese del 1791,rifiutando il
contrattualismo di Rousseau che aveva condotto all’assolutismo della volontà della legge,ma anche contro l’estremismo rivoluzionario individualistico robespierriano che aveva condotto al radicalismo ontologico. Leggendo le opere e approfondendo il pensiero filosofico e religioso di Emmanuel Mounier,Dossetti comprendeva che la critica del personalismo all’individualismo della rivoluzione francese in chiave roussoiana,poteva incontrare taluni aspetti della critica rivolta da Karl Marx all’imperialismo economico che sentendosi minacciato non esita ad abolire la libertà,tuttavia la pista di un dialogo tra personalismo e socialismo non marxista in quegli anni di bufera bellica e guerra civile,viene raccolta,seppure in modo del tutto autonomo,già da un cattolico di grande spessore morale Giuseppe Capograssi,al quale Dossetti guarda con un certo interesse speculativo. Egli viene colpito da una sottolineatura che Capograssi fece,riconoscendo che il filosofo Sorel aveva cercato di orientare l’economia socialista verso una fondamentale esigenza di dare alla vita finanziaria dei fondamenti spirituali. Infatti in un articolo del 15 luglio 1945 sul giornale “Reggio Democratica” Dossetti,nel frattempo divenuto vicesegretario della D.C su designazione di De Gasperi ,sosteneva che la vittoria laburista in Gran Bretagna corrispondeva a una certa “democrazia sostanziale”,ovvero un nuovo modo di far emergere i valori della solidarietà e dell’eguaglianza perché:” i lavoratori di tutto il mondo sanno finalmente di poter rispondere con fiducia ad un grido che li invita all’unità ma non già nel nome di una unità di classe o peggio di lotta,ma nel nome di una volontà di solidarietà,di libertà e di giustizia nel mondo volontà che,come riconosce anche Clement Attlee,è veramente cristiana!”
In tali parole consiste quello che potremmo definire lettura del volto di Cristo sociale attraverso una “democrazia personalista”,costruendo o,per meglio dire,tentando di costruirla,Dossetti attinge ai fondamenti del pensiero cristiano di Mounier e alle radici che di questo pensiero possono essere inverata nelle precedenti riflessioni del beato Antonio Rosmini.
Da giurista Dossetti comprende la grande rivoluzione che il personalismo cristiano di Emmanuel Mounier portava con se in quel convalescensciario intellettuale che era diventata l’ Italia a causa del neoidealismo gentiliano. Capisce cioè e di conseguenza orienta il proprio apostolato politico, che non si può mettere in discussione il primato del potere legislativo rispetto agli altri poteri per rendere solide le basi della democrazia occorre che invece sia messa in discussione l’onnipotenza del legislatore per evitarne l’onnipotenza costruttiva di qualsiasi disciplina riguardante la persona,la famiglia,la scuola,i tre principali pilastri del corpi intermedi dello stato. Il grande contributo di Dossetti sarà comunque all’assemblea costituente;studiando una parte centrale del saggio di Mounier “Il Personalismo”(p.147) Dossetti è colpito da questa intuizione del filosofo francese”…la tentazione dell’insediamento diretto del regno di Dio sul piano della potenza terrestre fa auspicare che il cristianesimo ritorni un po’ alla volta alle sue posizioni primitive,rinunciando al governo della terra per dedicarsi all’opera propria della Chiesa:la comunità dei cristiani nel Cristo,pur restando uniti gli uomini nell’attività profana”
In questo consiste ciò che Dossetti definirà “Democrazia Pesonalista”,fondata su una relazionalità verticale o orizzontale,attraverso la ricerca di vicinanza solidale e di interdipedenza tra gli uomini. Anche negli anni del suo apostolato politico egli non dimenticava l’atto di fede che caratterizza l’eesere cristiani nel mondo;occorre e qui la grande attualità del suo pensiero:costruire una personalità sociale attraverso linguaggio,costume,cultura…in una parola “ethos”,che conferisce identità e personalità non racchiusa nell’origine dell’individuo ma nella sua relazionalità. La “civitas” è infatti una convivenza articolata e strutturata che trasmette per osmosi a ogni uomo categorie di pensiero e criteri di giudizio di cui il soggetto si nutre. In definitiva i valori non sono astrazioni razionali,ma patrimonio di relazioni ed esperienze anche razionali,ma costruite su criteri di bene e di male,perché l’essenza della persona come apprende Dossetti da Mounier,è “l’essere situata”,fondata su una mancanza che apre all’alterità e non una proprietà esclusiva ed egoista. Per cui la realizzazione della natura
umana non è originaria condizione,ma il fine della società nei suoi livelli ed articolazioni,promozione dell’uomo attraverso le condizioni politiche come ci insegna anche Aristotele nel X libro dell’Etica Nicomachea. L’ingresso in politica era avvenuto per caso come diceva lo stesso Dossetti, “per una rottura di testa”,mentre si stava recando al primo congresso della DC ebbe un incidente d’auto che comportò un ricovero e la conseguenza di non poter svolgere il suo intervento,ritrovandosi vicesegretario insieme a Bernardo Mattarella per acclamazione e aggiunse negli anni successivi che cercava :”…la via di una democrazia reale sostanziale,non nominalistica”
Il riferimento al nominalismo o per meglio dire l’avversione al nominalismo era una costante dei professorini,anche La Pira ne avrebbe fatto sovente riferimento all’Assemblea Costituente,per indicare il superamento dell’individualismo,la costruzuone di un nuovo Rinascimento andando avanti verso il concetto di persona che deve essere base di ogni società civile,politica e religiosa,solo in tal modo l’uomo può raggiungere i suoi fini rispettando i diritti delle società naturali esistenti,realizzando una struttura razionalistica e comunitaria dell’intero ordinamento sociale:In questo senso vi è primariamente l’emergenza della famiglia,che nasce non solo dalla volonta di chi liberamente decide di costruirla,ma dallo stare e dal vivere assieme;ma vi è poi la società religiosa,che nasce dallo stare assieme per comuni ideali e per fede in principi condivisi;in ultimo fondamentale è la comunità civile,e nella comunità civile importante è il ruolo della scuola,con la libertà dell’insegnamento connessa,,ma anche di apprendere per formare culturalmente e professionalmente l’uomo. In ultimo ma non per importanza Dossetti ritiene fondamentale l’impresa pubblica e privata,intesa come comunità orientata alla comunanza del lavoro,del capitale,della produzione,la divisione degli utili,la distribuzione dei profitti e dei salario.Dossetti è persuaso che la proprietà privata sia strumento di produzione di beni e non come dominio sulle cose e sulle persone,bensi per realizzare una finalità di servizi per la vita umana e la conservazione dell’ambiente. Proprio negli anni 40 Dossetti rilegge le opere di Rosmini e trova un profondo parallelismo con S. Tommaso prima e Mounier poi,nel sottolineare un modello di società in cui siano eliminati elementi di signorilità e di dominio sulla persona,con una forte motivazione ontologica,che contribuisca a realizzare il compito supremo della politica:aprire nuovi spazi alle forze emergenti della società che è sempre un “work in progress”,affinche si riconosca la prevalenza nell’uomo della persona rispetto all’individuo,contro ogni dispotismo per raggiungere il bene comune e Dossetti legge attentamente “La Costituzione civile secondo giustizia sociale di Antonio Rosmini”. Essendo u giurista è colpito dall’emergenza della giustizia ulteriore all’organizzazione del potere,legislativo,amministrativo,giudiziario, perché la giustizia è il fine della società nazionale. Ma in Rosmini Dossetti vede “in nuce” le novità che emergeranno soltanto col Concilio Vaticano II sulla dignità della persona ma anche sul ruolo della Chiesa cattolica come società teocratica perfetta oltre ogni potere temporale o di signoria che “…riceve le leggi da quei soggetti medesimi in vantaggio dei quali è stata istituita” e Dossetti però comprende la motivazione,seppur cosi lontana nel tempo,di Rosmini,affinchè non si riducano i poteri della Chiesa per limitare la coscienza individuale del credente,intravedendo i pericoli di un relativismo cognitivo pericoloso per il mantenimento della libertà nella coscienza dell’uomo e infatti alla Costituente si impegna molto per l’approvazione degli articoli 7 e 8 riguardanti i rapporti tra la chiesa cattolica,la repubblica italiana e le altre religioni.La funzione sociale della proprietà è il centro della riflessione giuridica di quegli anni in Dossetti, così come lo sarà quando diverrà consulente del card.Lercaro,giacchè la proprietà quando viene attribuita all’uomo,sia singolo che ente,non può prescindere dal limite della funzione sociale che essa deve assolvere perché non è un potere dominante ma di servizio verso un fine economico sociale. Da questo nucleo di pensiero prende le mosse il dibattito dentro la Chiesa sulla proprietà sin dai tempi di S. Francesco quando finito il feudalesimo nasce l’impresa moderna di cui proprio il padre del santo di Assisi fu iniziatore. Ma Dossetti politico vede che la concezione individualista della Rivoluzione Francese era stata rovesciata sul versante economico e che il marxismo non
l’aveva rovesciata su quello giuridico nella sua concezione verticale della proprietà dello stato perché considerando il diritto come sovrastruttura dell’economia non accettava la funzione sociale come limite stesso del diritto di proprietà conducendo alla piu assoluta delle dittature E riconosce tuttavia con la consueta umiltà “…Di quel periodo è incalcolabile quello che debbo alla fraternità ed all’inesausta capacità di speranza e di amore di Giorgio La Pira,al suo fascino di purezza e contemplazione!” In questo senso scriverà nel suo diario :”La croce deve essere piantata ed esaltata entro il complesso della mia attività politica”. Proprio in quegli anni 40 soprattutto dopo la vittoria elettorale della DC e dei Comitati Civici il 18 aprile 1948,possiamo dire che si apre lentamente la nuova fase dell’apostolato dossettiano:dalla politica al sacerdozio. Ma questo cammino eppur irrorato da una forte presenza nella D.C. che portera la componente di Dossetti,La Pira,Fanfani ad avere il 35% dei consensi al congresso di Venezia nel 1949,non prescinde mai da una forte attenzione al divenire sociale,perché i problemi della povertà,del razzismo,del lavoro,del rispetto della persona nella sua singolarità creaturale non si possono allora come oggi risolvere con giacobinismi tecnici o conta di voti parlamentari,ma cambiando i cuori e le menti degli uomini! Di quel periodo romano di Giuseppe Dossetti che alloggiava presso l’appartamento delle sorelle Portoghesi in via della Chiesa Nuova 14 di fronte alla Chiesa di S. Filippo Neri con La Pira e Fanfani,collaborando alla rivista “Cronache Sociali”nome anche della stessa loro corrente della sinistra DC,mi piae ricordare una riflessione di Bartolo Ciccardini,grande amico di Dossetti:”Nei rapporti umani era ferreo e caloroso,felice e gratificante,sensibile e accorato,ma soprattutto non faceva distinzioni,la sua era una coralità democratica,la sua allegria era amorevole,ma questo estremista era anche un dolcissimo fratello”. Il desiderio di consacrazione piu impegativa si fa sempre più forte e nel 1950 entra nell’istituto secolare Militia Christi Regis fondato da Giuseppe Lazzati ed emette voti temporanei,mentre quelli privati perpetui nella festa di Cristo Re il 25 ottobre;ovviamente è anche il segno di un congedo imminente dalla politica ed infatti nel 1952 si dimette da deputato,dopo aver chiesto consenso alla sua decisione religiosa al padre Luigi già fortemente ammalato. Ma proprio in qurll’anno,il 22 luglio,Pio XII nominava Giacomo Lercaro che avrebbe avuto forte influsso sul percorso sacerdotale di Dossetti,Vescovo della diocesi di Bologna,anch’egli genovese di nascita. E subito il 4 settembre Dossetti presenta al cardinale il progetto di un istituto per la ricerca storica e teologica,costituito da laici estranei al mondo accademico ma uniti da vincolo di fede e di preghiera per studiare e lavorare al servizio della Chiesa,attingendo alle radici originarie della fede cristiana e nascera l’anno dopo come Centro di Documentazione per la “Chiesa santa e immacolata,aspettando la venuta del giorno di Dio”(2Pt,3,12). Il 6 gennaio 1956 emetterà i voti religiosi nelle mani del cardinal Lercaro,ma la politica nonostante egli l’avesse abbandonata riunendo i suoi a Rossena prima delle dimissioni dal parlamento,era ancora in agguato:il cardinale gli chiede ufficialmente di candidarsi sindaco alle amministrative di Bologna di quell’anno come capolista della D.C..Da due anni De Gasperi era scomparso il partito era saldamente nelle mani del fraterno amico Amintore Fanfani che dopo il ritiro di Dossetti aveva proseguito con la stessa corrente come “Nuove Cronache”;La Pira era da anni amatissimo sindaco di Firenze,avere Giuseppe sindaco di Bologna sarebbe stato l’apogeo della proposta politica dei cattolici democratici,ma fu un disastro. Dossetti perse le elezioni contro il sindaco comunista Giuseppe Dozza e pur non rinunciando ad impegnarsi come capogruppo in consiglio comunale annoterà nel suo diario:”… Fu tremendo,veramewnte lo sentii come un disonore mi tagliava la faccia:erano poco piu di tre anni che ero uscito dalla politica in modo solenne e definitivo e vi dovevo rientrare per la porta di servizio,per un pasticcio che approfittava di quello che vi era di più intimo in me:la consacrazione al Signore;era una violenza e una profanazione,una beffa e un assurdo un umiliazione feroce del mio orgoglio intellettuale,il ridicolo rispetto alla gente di fuori,un ridarmi in balia dei miei amici politici…eppure non mi ribellai mai eppure un momento. E il Signore mise un balsamo sulla ferita tutto fu circondato da una strana soavità e per giunta non perdetti ma acquistai in libertà.” Ecco anche in quel momento,assieme alla Croce Dossetti vide il Volto di Cristo! In quel
periodo egli è molto vicino ad un famoso sacerdote fiorentino che tante anime di giovani aveva e avrebbe guidato alla completa consacrazione:don Divo Barsotti che diresse il suo percorso fino all’ordinazione diaconale e sacerdotale che avvenne nell’Epifania del 1959 ed accanto aveva l’amico di sempre:Giorgio La Pira celebrando la prima messa nel santuario della Beata Vergine di San Luca sul colle della guardia assieme a don Divo. Nasce una piccola comunità che all’inizio si sistema all’interno del santuario ma don Divo dà un suggerimento straordinario a don Giuseppe:della comunità facevano parte anche alcune donne,nessuna di queste sorelle aveva esperienza di maternità spirituale,perché don Giuseppe non provava a chiedere alla propria mamma Ines che viveva con l’altro figlio Ermanno e ben sei nipotini, e di trasferirsi a Bologna per diventare suora?E mamma Ines accetta e arriva il 12 maggio 1959 anniversario del suo matrimonio assumendo in seguito il nome di Madre Agnese guidando tante anime di ragazze alla santità religiosa:dalla famiglia sociale matrimoniale al matrimonio spirituale di una famiglia di consacrati…Magnifico esempio di maternità!e fece questa scelta comprendendo che quando la volontà di Dio è Dio stesso allora tale volontà va preferità ad ogni altra cosa superando le vicende mondane che disturbano e disorientano,con gli occhi fissi sullo sguardo e sul volto di Cristo
La Divina Provvidenza aveva in serbo un altro impegno per don Giuseppe:il cardinale Lercaro sarà uno dei quattro moderatori scelti da papa Giovanni XXIII per prendere parte ai lavori del Concilio Vaticano II e chiede a Dossetti di seguirlo a Roma come consigliere ed animatore degli incontri utili per i lavori del Concilio e cosi torna ad abitare dalle sorelle Portoghesi alla Chiesa Nuova,ma mai dimenticando la sua comunità che nel frattempo si era trasferita nell’abbazia del vecchio borgo medievale di Monteveglio in cima ad una collina al termine di una strada tortuosa cui si accedeva per un portale,la piccola comunità dell’Annunziata. Dopo il concilio rientrerà a Bologna e Lercaro gli affiderà il compito di provicario generale della diocesi di Bologna,con diritto di successione,ma questa designazione successoria non venne accettata da successo re di Giovanni Paolo VI a causa delle opposizioni dell’episcopato nordamericano.Dossetti ebbe un ruolo fondamentale durante i lavori conciliari vivificandolo spirito col quale Giovanni XXIII lo aveva convocato:compito della Chiesa non doveva essere di emanare nuovi dogmi,machiudere l’epoca del potere temporale,dal momento che il concilio vaticano I per le note vicende del 1870 non si era potuto concludere e realizzare una lettura più profonda ed ampia della tradizione ecclesiale nel suo insieme,recuperando gli aspetti meno centrali della grande tradizione,realizzata durante l’esperienza cristiana precedente le divisioni con ortodossi e protestanti,all’epoca patristica e apostolica più direttamente vicina alle sorgenti della fede sull’esperienza di Cristo uomo e Dio.La misericordia del Dio Padre scandalizza ancora!
Viene riportata nelConcilio la più grande novità che Dossetti aveva introdotto con La Pira e Moro nella Costituzione della Repubblica Italiana,il ripudio della guerra,sempre ingiusta e nella quarta sessione del Concilio ci fu un suo impegno ancora più eminente affermando il ruolo primario dei fedeli rispetto alla Chiesa Istituzione che consentiva così di portare il contributo cristiano apertamente alla crescita dell’umanità;ma egli andò oltre il tema del ripudio della guerra affrontando un problema ancora oggi molto dibattuto:il tema della povertàLa discussione verteva sul concetto di proprietà ,ammessa dalla Chiesa come collettiva,quello che aveva riconosciuto e sostenuto S. Francesco in conflitto con papa Gregorio IX della proprietà come strumento di potere . Tale visione congiunge in Dossetti anche la concezione della democrazia non “Strumentale” ma partecipativa e anche nell’art.41 della Costituzione la visione finalistica della proprietà che giustifica la destinazione produttiva del bene.:dalla costituente al Concilio la stessa mano redige l’indice di entrambi,quella di don Giuseppe! Accanto alla povertà,l’apertura alle genti e iniziano dal 1964 i grandi viaggi di Dossetti ecumenici in Oriente e Medioeriente fino a stabilirsi negli anni 70 in terra Santa in una vita di pienezza da monaco,nello studio e nella preghiera ma con il cuore e la mente vicini alle vicende che animano e spesso turbano il mondo.Il 13 febbraio 1986 il sindaco di Bologna
conferisce a don Giuseppe l’Archiginnasio d’oro nel quarantesimo della Carta Costituzionale affermando che “…Dossetti è testimonianza di coerenza ed intensità spirituale capace di parlare a credenti e non credenti” Egli ricordava che la pace:”…deve essere una cosa profonda nei nostri cuori nellinterno dell’uomo perché è l’uomo interiore che deve essere in pace e solo così puo infonderla negli altri solo cosi sara raggiunta la pace esterna tea comunità,popoli nazioni. Negli ultimi anni ritorna l’impegno per difendere la Costituzione,don Giuseppe fonda i Comitati per la Costituzione e ci lascia un triplice impegno all’indomani della fine delle ideologie che hanno insanguinato il secolo breve:l’unità dei popoli;il dialogo intereligioso;il superamento dello stato nazione nato dalla pace di Westfalia del 1648 e rimasto in piedi fino al crollo del muro di Berlino. Necessità forte che uo rendere unitario il diritto come lo era nell’antica Roma.lo “Jus”,ma corroborato dai valori cristiani del dialogo,dell’accognlienza,del confronto.Possiamo ricavare dal suo ricco apostolato religioso,politico e sociale, che il finalismo non è di alcuno stato etico,ma nasce dai valori della crescita della persona e della società in cui la persona è inserita,perché lo stato è sul piano storico l’organzzazione massima che può offrire in un determinato momento storico gli strumenti per raggiungere tali fini e per questo fine della politica e fine della persona è il fine della società,ma non è il fine dello stato né di un partito ,una classe una confessione religiosa,se l’uomo fosse solo persona sarebbe per certi versi pari a Dio,ma è anche individuo e per questo deve rispettare il suo simile come persona. Il Cardinal Martini nell’omelia per i funerali di Giuseppe Dossetti tornato alla casa del Padre la terza domenica di Avvento, 1996 detta “Gaudete”,mentre la sua comunità in preghiera cantava infatti il “Gaudete”,lo definì “profeta del nostro tempo” e profeta fu,lo dimostra quanto scrisse l’anno prima mentre era ricoverato all’ospedale di S. Orsola di Bologna per un delicato intervento chirurgico il 5 novembre 1995:” Nel nome del Padre,del Figlio e dello Spirito Santo,non faccio un formale testamento perché non possiedo niente non ho nessun bene materiale da lasciare ma vorrei esprimere alcuni desideri dopo la mia morte;vorrei essere sepolto in terra nel cimitero di Monte Sole e desidero nella cassa in cui vorrei essere posto e chiuso presto appena possibile,oltre il crocefisso e il Rosario,anche la Bibbia,per esprimere la mia fede nella parola di Dio e nell’unità dei due testamenti. Sulla mia tomba desidererei che ci fossero solo queste parole. GIUSEPPE DOSSETTI BATTEZZATO NELLA SOLENNITA’DELL’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE DELL’ANNO 1913 E CHIAMATO ORA AL GIUDIZIO DI DIO
Prof. Giulio Alfano
Presidente Istituto “Emmanuel Mounier”
Cattedra Istituzioni di Filosofia Politica
Pontifica Università Lateranense(P.U.L.)